Perché conoscere la situazione economica di un’azienda tramite un’Indagine Patrimoniale
Conoscere la situazione patrimoniale del debitore consente di orientare l’azione di recupero scegliendo sempre la strada economicamente più vantaggiosa. Leggi tutto
Nell’eventualità che ci interessi procedere con il servizio Rintraccio Eredi, è bene sottolineare che ciascun soggetto all’interno del nucleo familiare del defunto può considerarsi un suo potenziale erede. Leggi tutto
Affitti: tipologie di contratti di locazione e obblighi a carico del proprietario di casa e dell’affittuario
Per comprendere la ragione di ciò è necessaria una breve premessa. Se la regola generale del nostro ordinamento vuole le parti libere di determinare il contenuto e le clausole di ogni contratto, ciò non vale però nel campo delle locazioni ove, per tutelare la parte più debole, ovvero l’inquilino, la legge ha voluto stabilire alcuni limiti al potere di autodeterminazione dei contraenti. Il limite principale attiene alla durata dell’affitto, ed è proprio sulla base di questa che si distinguono i vari tipi di contratti:
affitto a canone libero: la durata è di 4 anni con rinnovo in automatico per altri 4 anni, e così ad ogni successiva scadenza, salvo venga inviata la lettera di disdetta almeno 6 mesi prima. Alla prima scadenza però il rinnovo è obbligatorio per il locatore, motivo per cui questo contratto viene chiamato anche “4+4”. La seconda caratteristica del contratto di locazione a canone libero è nel nome stesso: il canone di affitto può infatti essere determinato dalle parti senza alcun vincolo.
affitto a canone concordato: la durata qui è di 3 anni e, anche qui, alla scadenza si rinnova in automatico per altri 3 anni, e così ad ogni successiva scadenza, salvo venga inviata la lettera di disdetta almeno 6 mesi prima; alla prima scadenza, è obbligatorio per il locatore il rinnovo per altri 2 anni. Ecco perché questo contratto viene chiamato “3+2”. Anche in tale ipotesi il locatore può rifiutare il rinnovo automatico solo per le cause sopra elencate.
affitto a uso transitorio: ha una durata minima di 1 mese e massima di 18 mesi non rinnovabili; il canone è libero, può essere stipulato solo in presenza di particolari situazioni di necessità temporanee dell’inquilino o del padrone di casa che vanno indicate nel contratto.
affitto per studenti universitari: ha una durata minima di 6 mesi e massima di 36 mesi e può essere rinnovato.
affitto per finalità turistiche: la durata del contratto è libera. In genere tale tipo di locazione è stipulata per brevi periodi. Al termine del periodo pattuito la disdetta è automatica e il conduttore deve rilasciare l’immobile locato.
Sono così definiti gli obblighi a carico del proprietario di casa e dell’affittuario.
Recessione del contratto da parte dell’inquilino
Solo l’inquilino potrebbe recedere dal contratto prima della scadenza, ma dovrà dimostrare una giusta causa, che ricorre quando si tratta di:
fatti sopravvenuti e non conosciuti o conoscibili al momento della conclusione del contratto: ad esempio un trasferimento lavorativo non richiesto;
il fatto non deve dipendere dalla volontà dell’affittuario: ad esempio la decisione di cambiare lavoro e andare a vivere altrove;
il fatto deve comportare un’oggettiva impossibilità a permanere nell’immobile: ad esempio l’estrema lontananza della nuova sede lavorativa (diverse centinaia di chilometri).
L’adempimento ricade, entro 30 giorni dalla firma del contratto, sul padrone di casa il quale può – indicandolo nel contratto – addossare non oltre il 50% della spesa fiscale sull’inquilino. Se il locatore non provvede alla registrazione, l’Agenzia delle Entrate può però inviare l’accertamento anche all’inquilino. Si ha infatti una responsabilità solidale. Sicché anche quest’ultimo, volendo, può registrare il contratto nel caso in cui non vi provveda il proprietario.
Cosa fare se l’inquilino non paga l’affitto?
Qualunque sia la tipologia di contratto da registrare, se temi che il tuo futuro affittuario non sia in grado di pagare il canone richiesto, affidati a Clipeo!
Conoscere infatti la situazione patrimoniale del tuo interlocutore è fondamentale per potergli dare fiducia.
Solo così potrai stipulare il contratto di locazione con la consapevolezza di conoscere chi hai davanti e senza alcuna sorpresa.
Il trattamento di fine rapportoo TFR è una somma accantonata dal datore di lavoro che viene corrisposta al lavoratore dipendente nel momento in cui il rapporto di lavoro cessa a prescindere dal motivo.
Nello specifico, la confisca del TFR sarà realizzata nella forma del pignoramento presso terzi e potrà essere effettuato presso il datore di lavoro o presso l’istituto dove viene versata la liquidazione; in entrambi i casi il creditore deve provvedere preventivamente alla notifica del titolo esecutivo e all’atto di precetto e solamente in seguito potrà notificare l’atto al debitore.
Pignorare il Trattamento di Fine Rapporto
Secondo quanto stabilito dall’art. 545 c.p.c., infatti, possono essere pignorate le somme dovute a titolo di stipendio di salario o altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, ricomprendendo tra queste ultime indennità anche il TFR.
La legge però impone dei limiti, in quanto può essere requisito in casi specifici:
quando si tratta di soddisfare crediti di natura alimentare: il TFR potrà essere pignorato nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o dal giudice allegato
quando si tratta di soddisfare crediti dello Stato, Province o Comuni o ogni altro credito: si potrà procedere a pignorare il TFR nel limite di 1/5;
se concorrono contemporaneamente più pignoramenti (per crediti alimentari, tributi, altre cause), non si potrà pignorare più della metà delle somme.
È inoltre bene precisare che il TFR è esigibile solamente alla conclusione del rapporto di lavoro.
Quando il pignoramento del TFR è effettuato presso il datore di lavoro
Quando viene effettuato alla fonte, il terzo provvede a versare le somme direttamente al creditore come da ordinanza di assegnazione. In ogni caso, l’anticipazione del t.f.r. contenuta entro il 70% della liquidazione complessiva non intacca la quota dell’indennità riservata al soddisfacimento del creditore procedente.
Quando è effettuato presso la banca
Con la previsione dei nuovi commi 8 e 9 dell’art. 545 c.p.c., è stato stabilito che se l’accredito della liquidazione sul conto corrente bancario o postale intestato al debitore è intervenuto precedentemente al pignoramento, il t.f.r. può essere confiscato solo per la parte eccedente il triplo dell’assegno sociale; se l’accredito, invece, è intervenuto in pari data o successivamente al pignoramento, il t.f.r. è pignorabile nella misura indicata dal tribunale per crediti alimentari, nella misura di un quinto per crediti diversi e fino alla metà in caso di concorso simultaneo di cause.
Come fare per individuare il TFR del debitore da cui recuperare il proprio credito?
Qualora doveste recuperare il vostro credito tramite il pignoramento del TFR del vostro debitore, affidatevi a JOB, il servizio di Clipeo attraverso il quale il recupero è più agevole: le indagini svolte sono infatti finalizzate ad individuare sia l’attuale attività lavorativa di una persona fisica (alle dipendenze di terzi e/o autonoma), sia gli eventuali trattamenti pensionistici, con la stima dell’emolumento percepito.
Dallo scorso 6 aprile è infatti entrato in vigore l’art. 570 bis del codice penale che punisce con la multa fino a 1.032 euro e con il carcere fino a un anno chi si sottrae agli obblighi economici derivanti da separazione, divorzio o dai provvedimenti che regolano i rapporti tra genitori per figli nati al di fuori del matrimonio.
L’intento della disposizione è quello di dare ordine a una materia confusa, frutto di norme stratificatesi nel corso degli anni. Il codice penale degli anni 30 puniva, con l’art. 570, coloro che facevano mancare i mezzi di sostentamento al coniuge o ai figli; la norma era però interpretata in modo rigoroso e rischiava solo dava mancanze al coniuge o ai figli in termini di mezzi di minima di sussistenza come il cibo. Dal 1987 è poi diventato reato non pagare l’assegno di mantenimento per l’ex o per i figli previsti nella sentenza di divorzio, mentre dal 2006, lo è diventato quello di non pagare il mantenimento per i figli in genere; in entrambi i casi non era necessario che l’ex o i figli fossero in stato di bisogno, ma bastava, per rischiare il carcere, non pagare esattamente quanto previsto nel provvedimento del Giudice.
Gli strumenti per effettuare una richiesta corretta
Dal 6 aprile queste ultime due norme sono state abrogate e sostituite con un nuovo reato. Le implicazioni, non si sa quanto volute dal legislatore, sono molteplici: diventa quindi reato anche non versare l’assegno di separazione per il coniuge; viceversa non versare l’assegno di mantenimento per il figlio maggiorenne non sarà punito se i genitori sono separati o se non sono sposati, lo sarà però se i genitori sono divorziati.
Infine, data la formulazione generica della norma, potrebbe finire sul banco degli imputati chi è puntuale con l’assegno mensile, ma magari non ha rimborsato le spese straordinarie dei figli come visite mediche o libri scolastici.
Resta però in agguato il rischio del paradosso: un coniuge rischia il carcere nel caso in cui non dovesse pagare l’assegno provvisorio di separazione che, con la sentenza finale, potrebbe risultare non dovuto; il figlio maggiorenne i cui genitori sono separati o non sono sposati è meno tutelato di un suo coetaneo i cui genitori hanno divorziato.
Diversità di tutela di cui si fa fatica a intravedere una ragione plausibile. La cosa migliore che l’avvocato matrimonialista possa fare è conoscere l’effettiva condizione economica dell’ex coniuge affinché la richiesta di assegno sia da una parte congrua e dall’altra correttamente calibrata alle reali capacità economiche. In questo modo si potranno gestire alle meglio situazioni delicate e comunque sempre dolorose.
Il servizio DETECT di Clipeo è in grado di fornire una fotografia nitida e chiara della situazione economica e patrimoniale dell’ex coniuge.
La protagonista di questa terribile vicenda svoltasi a Cassano Magnago in provincia di Varese, è un’anziana donna di 87 anni che veniva da tempo brutalmente picchiata dalla badante ucraina sessantanovenne.
Badante picchia anziana: la vicenda
I carabinieri ieri hanno fatto irruzione nell’appartamento della donna, non autosufficiente, proprio mentre veniva aggredita brutalmente. Da qualche giorno i militari stavano monitorando il comportamento della badante, dopo aver installato in casa alcune telecamere, a seguito della segnalazione dei suoi familiari che da tempo la notavano stranamente remissiva e spaventata.
La badante ucraina avrebbe picchiato l’anziana donna ripetutamente mentre mangiava, ingiuriandola e sottoponendola a umiliazioni ricorrenti mentre era in bagno. In Italia da oltre 20 anni, la 69enne ha sempre lavorato presso famiglie in varie zone della Lombardia. Sono in corso accertamenti per verificare non vi siano state altre vittime del suo brutale comportamento. La donna è stata accompagnata in carcere a Como.
Siamo sempre sicuri di mettere i nostri cari nelle mani giuste? In gran parte dei casi ci si accorge di essersi affidati a persone poco raccomandabili quando ormai è troppo tardi, specialmente nel caso in cui l’anziano non è in grado di comunicare quanto sta accadendo. Ma il modo per tutelarsi esiste!
Servizio Screening di Clipeo
Prima di assumere una badante, accertatevi di mettere i vostri cari in mani sicure affidandovi al servizio SCREENING di Clipeo, un rapporto completo e approfondito sulle persone fisiche che prende in considerazione diversi ambiti riguardanti il soggetto, da quello privato a quello lavorativo e permette di avere così una fotografia quanto più precisa della persona che abbiamo davanti.