Tutti i post in Attualità

  • Le novità sull’assegno di divorzio

    Le novità sull’assegno di divorzio

    Modifiche alla legge sull’assegno di divorzio già in vigore dal 2017 e confermate nel 2018 con la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione: gli alimenti non sono una rendita vitalizia.
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  • Buon Natale da Clipeo

    Buon Natale da Clipeo

    Le feste sono il momento dell’anno in cui tutti cercano serenità. Leggi tutto

  • Se lei dorme con il nuovo compagno niente assegno dall’ex marito

    Se lei dorme con il nuovo compagno niente assegno dall’ex marito

    Comincia a complicarsi la situazione di molti ex coniugi che hanno iniziato non solo rapporti stabili con nuovi compagni e compagne Leggi tutto

  • Meno soldi all’ex coniuge sull’assegno di separazione e divorzio per pandemia Covid

    blog_clipeo_divorzio_novembre_2020

    Chiusure e limitazioni alle attività, perdita del posto di lavoro: molti ex coniugi chiedono la revisione del trattamento. Come ridurre o annullare l’importo. Leggi tutto

  • Si finge il nipote di un’anziana donna per sottrarle denaro, ma lei non ci casca e sventa la truffa.

    Si finge il nipote di un’anziana donna per sottrarle denaro, ma lei non ci casca e sventa la truffa.

    I Carabinieri della Stazione di Marsico Nuovo sono intervenuti in soccorso di una 87enne del luogo nei cui confronti stava per consumarsi una truffa; epilogo per fortuna scongiurato, nonostante il subdolo raggiro che si stava compiendo in pochi minuti.

    Nel dettaglio, la donna, in tarda mattinata, è stata contattata sulla propria utenza telefonica domestica da un sedicente nipote, il quale le ha riferito dell’imminente arrivo di un pacco postale presso la sua abitazione contenente un acquisto di valore, da lui effettuato, che l’anziana avrebbe dovuto pagare alla consegna.

    Quest’ultima, però, insospettitasi e rendendosi conto del tentativo di raggiro, ha interrotto la telefonata e, prontamente, ha allertato il Numero Unico di Emergenza 112 dell’Arma.

    La reazione della donna ed il tempestivo intervento sul posto dei Carabinieri, che hanno attuato nella zona mirati servizi al fine di individuare il truffatore ed eventuali suoi complici, hanno evitato che la truffa si concretizzasse. Infatti, nessun “postino” si è presentato dalla vittima per consegnare il pacco e ritirare il denaro.

    L’episodio descritto non è da ritenersi estemporaneo ma il frutto di una massiccia campagna di informazione sul fenomeno delle truffe ai danni delle fasce deboli, oramai da tempo predisposta nei 100 comuni del potentino dai reparti dipendenti dal Comando Provinciale Carabinieri di Potenza, attraverso i Comandi di Compagnia e Stazione.

    Ciò si è reso possibile attraverso appositi incontri in cui sono stati divulgati numerosi utili consigli ed iniziative su come poter reagire di fronte a propositi di reato così ambigui e pervasivi.

    Quanto riportato ne è la riprova e costituisce, ulteriormente, il suggerimento e la possibilità, in situazioni analoghe, per ogni cittadino, di ricorrere alle tante Stazioni dei Carabinieri presenti nella provincia o, comunque, rivolgersi con una semplice telefonata al Numero Unico di Emergenza 112 della Benemerita, così da consentire di avviare tempestive risposte e interventi risolutivi.

    Come tutelarsi da chi ci contatta con dubbie intenzioni?
    Quando si viene contatti, online o telefonicamente, da persone o aziende con dubbie intenzioni, l’unico modo per tutelarsi è cercare di informarsi su chi abbiamo di fronte.
    Clipeo, grazie al servizio RISK PROFILE, è in grado di fornirvi un quadro dettagliato su chi vi contatta, attraverso un’indagine mirata ad identificare gli aspetti personali e professionali della persona o dell’azienda in questione.

  • Aumentano le truffe online. La cassazione: è reato non consegnare il bene acquistato via web.

    Aumentano le truffe online.

    Non si ferma il fenomeno delle truffe online. Leggi tutto

  • Pignoramento conto corrente: novità, limiti e ruolo delle indagini

    Pignoramento conto corrente: novità, limiti e ruolo delle indagini

    Come procedere con il pignoramento del conto corrente all’epoca del Covid e con l’uso delle indagini per il rintraccio dei conti bancari e postali.

    Pignoramento conti correnti

    I decreti che si stanno susseguendo in questi mesi hanno contribuito a rallentare l’avvio di diverse procedure legali in riferimento al recupero crediti. Ciò non preclude la possibilità di continuare a gestire le diverse istanze tramite verifiche, accertamenti, azioni stragiudiziali, organizzando al meglio la ripresa delle attività nei tribunali.

    In tema di pignoramenti, il conto corrente rimane uno dei beni che lascia più margini d’azione in caso di insoluti, anche dopo gli ultimi aggiornamenti legislativi.

    Pignoramento dei conti bancari: possibili anche con il Decreto Agosto

    Con l’entrata in vigore del Decreto Cura Italia 18/2020 (Legge 27/2020), dopo l’8 marzo è stato introdotto il divieto di notificare cartelle di pagamento, atti di pignoramento e misure cautelari, con estensione della sospensione fino al 31 agosto 2020 e il concomitante stop dell’attività giudiziaria connessa. Il Decreto Rilancio 34/2020 (convertito in Legge 77/2020) ha poi confermato i blocchi in tema di pignoramenti, aventi per oggetto le somme a titolo di stipendio, pensione o altre indennità.

    Il più recente Decreto Agosto ha prorogato i termini della sospensione dei pignoramenti, fino al 15 ottobre, per le cartelle inviate ai debitori da Agenzia delle Entrate Riscossioni. Gli altri pignoramenti presso terzi, dunque, possono proseguire il loro iter, purché avviato prima dell’entrata in vigore del DL 18/2020.

    L’uso delle indagini per il rintraccio dei conti bancari e postali

    Il conto corrente è uno dei beni maggiormente aggredibili nei pignoramenti presso terzi, quando all’esecutato non corrispondano altri mobili o immobili direttamente disponibili. Considerata la volatilità dei conti bancari, la tempestività della loro identificazione è uno dei fattori fondamentali per l’esito positivo del procedimento esecutivo.

    Escludendo la procedura di accesso ai dati dell’anagrafe tributaria tramite Agenzia delle Entrate, che presenta tempistiche lunghe e scarso aggiornamento dei riferimenti, lo strumento più utile a ottimizzare l’iter di recupero del credito è il rintraccio conti correnti.

    Le indagini patrimoniali svolte da società specializzate consentono di individuare i codici ABI e CAB di uno o più conti del debitore. In questo modo, è possibile risalire alla località dell’istituto bancario e alla filiale presso cui sono registrati gli importi da esecutare: un elemento indispensabile per procede all’invio dell’atto di pignoramento. Inoltre, ove possibile, vengono reperite delle referenze relative all’effettiva movimentazione o eventuale inattività del conto da pignorare.
    L’indagine di rintraccio può attuarsi entro una territorialità definita, in base ai dati anagrafici del debitore in possesso del creditore o del legale, oppure estendere l’area geografica di interesse anche a livello nazionale.

    Espropriazione conto corrente: cosa si può pignorare

    Il pignoramento del conto bancario o postale si esegue entro alcuni limiti, anche in base alla tipologia di conto. Per un conto cointestato si può procedere al pignoramento nella misura massima del 50% della somma depositata, pur se la somma non dovesse soddisfare totalmente il debito contratto.

    Inoltre, quando le somme depositate derivano esclusivamente da rapporto di lavoro, anche il pignoramento dello stipendio su conto corrente è regolamentato. Se il denaro è depositato prima del pignoramento, può essere espropriata solo la parte che eccede il triplo dell’assegno sociale (€ 459,83 per il 2020). Qualora il versamento delle somme sia avvenuto dopo l’atto di pignoramento, si può procedere al cosiddetto pignoramento del quinto, per massimo un quinto degli importi a titolo di stipendio. Le stesse limitazioni si applicano anche per pignoramento del TFR o pensione.

    Nel caso di un conto “in rosso” o vuoto, i versamenti utili a diminuire o azzerare l’ammontare scoperto non sono pignorabili (come stabilito dalla sentenza della Cassazione n. 6393/2015). Rimangono comunque aggredibili gli eventuali depositi successivi alla riattivazione del conto.

    Iter giudiziario per l’espropriazione del conto bancario o postale
    Si procede al pignoramento del conto corrente, entro limiti e casi descritti, recapitando al debitore:

    • il titolo esecutivo, come la sentenza del giudice, il decreto ingiuntivo o la cartella dell’Agenzia delle Entrate Riscossioni;
    • l’atto di precetto, con termine di pagamento a 10 giorni dalla sua ricezione e che ha efficacia fino a 90 giorni;
    • l’atto di pignoramento vero e proprio, una copia del quale va inviata anche all’istituto di credito o filiale che detiene il conto corrente. La Banca procederà al blocco conto corrente per pignoramento e l’intestatario debitore non potrà prelevare le somme inserite nel titolo esecutivo.

    Per poter recuperare un credito, quindi, è indispensabile effettuare una ricerca dei beni pignorabili del debitore individuando i conti correnti bancari attivi.

    MONEY di Clipeo è un servizio propedeutico al recupero di un credito che permette di individuare eventuali rapporti bancari di una persona fisica o giuridica.

    L’indagine contiene il recapito di uno o più istituti di credito, attraverso cui è possibile effettuare pignoramenti delle eventuali somme depositate. È impreziosita da ricerche svolte in loco e sul web, unitamente viene svolta una verifica sul bollettino dei protesti. Si individuano in tal modo ulteriori eventuali notizie ed indiscrezioni che vanno ad impattare la patrimonialità del soggetto.

    Per agire in giudizio e poter recuperare il credito senza vanificare questa attività con inutili dispendi di risorse è indispensabile conoscere l’esatta situazione economica e patrimoniale del debitore, che sia un’Azienda o una Persona Fisica.

  • Foto sui social: se i genitori separati litigano, sulla pubblicazione del post decide il figlio

    Se i genitori litigano per le fotografie del figlio minorenne da pubblicare sui social network a decidere sarà proprio lui. Lo ha stabilito il Tribunale di Chieti con la sentenza n. 403 pubblicata lo scorso 21 luglio, che ha affidato al figlio di 17 anni la possibilità di negare il consenso a mamma e papà per la pubblicazione delle proprie fotografie online.  Leggi tutto

  • Canone di locazione in tempi di coronavirus

    Canone di locazione in tempi di coronavirus

    Ripresa la generalità delle attività economiche dopo le diverse settimane di lockdown, è possibile fare il punto della situazione Leggi tutto

  • Divorzio: quando l’ex può ottenere il TFR

    Divorzio: quando l’ex può ottenere il TFR

    Il matrimonio, dal punto di vista legislativo e giuridico, è talmente importante da produrre effetti anche successivamente al suo scioglimento tale per cui tra due ex coniugi potrebbero sopravvivere degli obblighi, primo fra tutti quello a versare l’assegno divorzile. Dunque, anche se il matrimonio è definitivamente cessato a seguito di divorzio, qualche conseguenza derivante dall’unione potrebbe perdurare. Tra queste vi è anche il diritto al TFR dell’ex coniuge.
    Nonostante il divorzio, infatti, la legge prevede la possibilità che una parte del trattamento di fine rapporto liquidato a una persona spetti all’ex coniuge; quest’ultimo, qualora l’adempimento non avvenga spontaneamente, può rivolgersi al giudice per chiedere il calcolo della percentuale che gli va attribuita, nonché l’ordine che il suo diritto venga eseguito, anche coattivamente, se l’ex partner non collabora.

    Quando spetta all’ex coniuge il TFR?
    Secondo l’art. 12-bis legge n. 898 del 1970: “Il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell’articolo 5, ad una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l’indennità viene a maturare dopo la sentenza. Tale percentuale è pari al 40% dell’indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio“.
    Il trattamento di fine rapporto (TFR) può essere definito come una somma accantonata dal datore di lavoro che viene corrisposta al lavoratore dipendente nel momento in cui il rapporto di lavoro viene a cessare per qualsiasi motivo.
    Se il lavoratore è un divorziato che versa già all’ex coniuge un assegno divorzile periodico e quest’ultimo coniuge non è convolato a nuove nozze, il Legislatore stabilisce che il lavoratore a cui spetta il TFR è tenuto a corrispondere all’altro coniuge anche una quota di detto TFR.

    Quali sono i presupposti per ottenere la quota di TFR?
    I presupposti sono due:

    • il coniuge divorziato deve già percepire dall’ex coniuge ex lavoratore un assegno divorzile versato con cadenza periodica. Più precisamente, se il coniuge non ha diritto all’assegno divorzile o lo ha ricevuto in un’unica soluzione, non avrà diritto alla quota del TFR;
    • il coniuge interessato alla quota del TFR non deve essere convolato a nuove nozze.

    Quando è possibile richiedere il riconoscimento di una parte del TFR?
    Il diritto al TFR dell’ex coniuge può essere fatto valere in due modi, a seconda del momento in cui avviene la liquidazione del trattamento di fine rapporto:

    • se il TFR è maturato prima dello scioglimento del matrimonio, il diritto alla quota spettante viene dichiarato direttamente dalla sentenza di divorzio;
    • se, al contrario, il TFR è maturato dopo, occorrerà avanzare un’apposita istanza al tribunale affinché il diritto sia accertato e riconosciuto. In pratica, il giudice dovrà valutare il ricorrere delle due circostanze che legittimano il coniuge divorziato a chiedere il TFR, e cioè: la sussistenza di un assegno divorzile periodico e l’assenza di un nuovo matrimonio.

    Nell’ultimo caso prospettato, cioè quando il TFR è maturato dopo il divorzio, non è da escludere che i due ex coniugi riescano a trovare un accordo bonario, senza necessità dunque di ricorrere al giudice. Poiché la quota di TFR spettante all’ex coniuge è stabilita dalla legge (nella misura del 40% con riferimento agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio), è ben possibile che, in presenza di tutti i requisiti previsti dalla legge (assegno divorzile ancora in corso e assenza di nuove nozze), la liquidazione a favore dell’ex avvenga spontaneamente.

    A quanto ammonta il TFR da dare all’ex coniuge?
    Secondo la legge, il coniuge divorziato ha diritto ad un TFR pari al 40% del totale, con riferimento agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio. In parole povere, l’ex coniuge non ha diritto al 40% totale del TFR, ma a detta percentuale rapportata all’arco di durata del matrimonio coincidente con il periodo di lavoro. Per “durata del matrimonio” si intende anche l’eventuale periodo di separazione legale, fino alla data della sentenza di divorzio.

    Quando è necessario svolgere delle indagini finalizzate ad individuare l’attuale attività lavorativa di una persona fisica, e in questo caso specifico dell’ex coniuge, alle dipendenze di terzi e/o autonoma, per scoprire, nel caso in cui quest’ultimo abbia perso il lavoro, se si ha diritto o meno a ricevere il TFR, JOB di Clipeo è la risposta giusta.

    Con JOB rintracciare il posto di lavoro è facile e veloce!
    Per richiedere il servizio è necessario conoscere solo i dati anagrafici del soggetto in questione:
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