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Legali e agenzie di recupero aiutano a provare la «certezza»

Legali e agenzie di recupero aiutano a provare la «certezza»

Deducibilità fiscale basata su processi valutativi particolarmente restrittivi e subordinati a rigide prescrizioni.
Proprio in considerazione del fatto che – in base all’articolo 101, comma 5, del Tuir – il presupposto per la deduzione della perdita è la sussistenza degli elementi certi e precisi, è indispensabile effettuare una valutazione caso per caso della idoneità di tali elementi a dimostrare la definitività della perdita, tenendo conto del contesto in cui la stessa è maturata. La deducibilità fiscale basata su processi valutativi è stata da sempre interpretata dal Fisco in termini particolarmente restrittivi e subordinata a rigide prescrizioni.
Secondo l’amministrazione, infatti, gli elementi «certi e precisi» idonei a rendere fiscalmente rilevante la perdita su crediti potrebbero essere provati senza incertezza solo nell’ipotesi in cui il creditore abbia esperito – senza risultato – tutti i mezzi legali a disposizione al fine di vedere soddisfatta la propria pretesa.
Se l’inesigibilità è, invece, temporanea, la perdita rientra tra quelle «potenziali» (circolare 26/E/2013, paragrafo 3).

Al fine di provare la «perdita» possono essere tenute in considerazione:

  1. le lettere di messa a perdita dei legali incaricati
  2. le relazioni negative rilasciate dalle agenzie di recupero crediti (articolo 115 Tulps) nel caso di mancato successo nell’attività di recupero.

In entrambe deve essere sempre obiettivamente identificabile:

  • il credito oggetto dell’attività di recupero;
  • l’attività svolta per il recupero;
  • le motivazioni per cui l’inesigibilità sia divenuta definitiva a causa di un’oggettiva situazione di illiquidità finanziaria ed incapienza patrimoniale del debitore.

L’amministrazione finanziaria riconosce la deducibilità fiscale delle perdite in presenza di procedure esecutive individuali non andate a buon fine, a condizione che le stesse siano supportate dai documenti attestanti l’esito negativo (ad esempio, il verbale di pignoramento negativo) e sempre che l’infruttuosità delle stesse risulti anche sulla base di una valutazione complessiva della situazione economica e patrimoniale del debitore, assoluta e definitiva. Allo stesso modo, validi elementi risultano costituiti dall’irreperibilità del debitore, da una situazione patrimoniale deficitaria o di nullatenenza, oppure in situazioni in cui l’avvio o la prosecuzione di procedure esecutive individuali risulterebbe del tutto sconveniente in termini di costi/benefici (costi certi di recupero uguali o superiori all’importo del credito ragionevolmente recuperabile).

A tale scopo è fondamentale verificare la situazione patrimoniale del debitore attraverso delle indagini ad hoc.

La Cassazione ha recentemente chiarito (ordinanza 19 gennaio 2021, 743) che, qualora la perdita derivi da un atto di rinuncia al credito è necessario che l’atto unilaterale di rinuncia sia giustificato da un’effettiva irrecuperabilità del credito che deve essere provata dal creditore. In assenza, la rinuncia rientra tra gli atti di liberalità indeducibili fiscalmente. Allo stesso modo, particolare attenzione va fatta in caso di crediti prescritti. Infatti, secondo l’agenzia (interpello 197/2019), anche l’inattività del creditore, che porta alla prescrizione del credito, potrebbe evidenziare una volontà liberale, che ne compromette la deducibilità.

Tutto ciò premesso sottolinea l’importanza di avere gli strumenti per poter valutare la consistenza patrimoniale al fine di orientare al meglio le attività di recupero e, nel caso di irrecuperabilità, possedere gli elementi per poter – quanto meno – dedurre fiscalmente il credito.
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Fonte Il Sole 24 ore / BD Business Defence

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