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  • Divorzio: nuovi parametri per la determinazione assegno di mantenimento

    La determinazione assegno di mantenimento storicamente

    Dal 1990, l’assegno era dovuto al coniuge che non era in grado di mantenere il precedente tenore di vita matrimoniale; un principio che aveva finito per creare profonde ingiustizie, come nei casi di assegni a vita dati a coniugi molto giovani o che non avevano dato nessun tipo di contributo in famiglia, a cui facevano da contraltare altri ridotti in uno stato di semipovertà.

    Le sentenze succedutesi da maggio in poi hanno ribaltato la situazione: l’assegno è dovuto nella misura in cui permette all’ex di essere “economicamente indipendente”. Si è passati quindi da un eccesso di ingiustizia (l’assegno sempre e comunque) all’altro (l’assegno solo se si è vicini alla “soglia di povertà”).

    Il nuovo Progetto di Legge per la determinazione assegno di mantenimento

    È stato così depositato un progetto di legge diretto a modificare i parametri per la determinazione assegno di mantenimento.

    L’assegno è dovuto nella misura in cui è utile a riequilibrare le disparità economiche che si creano col divorzio, tenendo conto delle condizioni economiche, del contributo dato alla famiglia, degli impegni nei confronti dei figli, delle concrete possibilità di riciclarsi sul mercato del lavoro, delle rinunce fatte per la famiglia.

    L’assegno a tempo

    Viene anche introdotta la possibilità dell’assegno a tempo ossia concesso per un periodo che possa servire al coniuge debole a riacquistare una indipendenza professionale. Tuttavia l’introduzione del divorzio con addebito, previsto nel disegno di legge, rischia di dar luogo a processi infiniti.

    Come fare per verificare l’effettivo patrimonio dell’ex coniuge?

    Quando abbiamo bisogno di identificare con correttezza la situazione economica e patrimoniale dell’ex coniuge, Detect è la risposta. Un prodotto completo in grado di fornire una fotografia nitida e fedele della sua situazione.

     

  • Mantenimento e Rendicontazione

    Tutti sappiamo che è dovere di entrambi i coniugi contribuire al mantenimento dei figli in maniera proporzionale ai propri redditi.

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  • Informazioni Commerciali per Recupero Crediti

    Quando si parla di Informazioni Commerciali per Recupero Crediti, si parla dell’insieme delle informazioni reddituali, patrimoniali o semplici rintracci sui debitori, finalizzate al recupero di un credito.

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  • Beni impignorabili: quali limiti ha l’agente di riscossione sui beni mobili e immobili?

    Per il pignoramento può vivere tranquillo solo il nullatenente, anche se la legge italiana pone dei limiti all’agente di riscossione per il pignoramento stesso. Vediamo quali sono i beni impignorabili che l’agente di riscossione non potrà mai pignorare al cittadino debitore.

    Beni impignorabili: quali sono?

    Beni immobili: quali non possono essere pignorati?

    La prima casa fa parte dei beni impignorabili, questo è risaputo, ma solo se il creditore ha solo quell’immobile e in esso ha la sua residenza anagrafica. Quindi se si tratta della casa in cui il creditore abita, che non è accatastata come abitazione di lusso ed è ad uso abitativo, non è possibile pignorarla. Questo, però, non toglie che possa essere ipotecata, ma solo a patto che il debito superi i 20mila euro.

    Se si possiede più di un immobile e la somma del loro valore non supera i 120mila euro, nessuno di questi immobili, siano essi case o terreni, può essere pignorato.

    Nel caso, invece, si proceda al pignoramento del conto è bene sapere che l’ultimo stipendio non può essere toccato (novità introdotta nel 2013).

    Beni mobili: quali non possono essere pignorati?

    Anche se è successo molto raramente, l’agente di riscossione può procedere al pignoramento di quanto presente nella casa del debitore: quadri, gioielli, elettrodomestici ecc.

    Si ritengono beni impignorabili tutte quelle cose indispensabili alla vita del debitore: letti, tavolo da pranzo, sedie, armadi, cassettiere, frigorifero e stufe, fornelli da cucina, lavatrice, utensili e un mobile per contenerli.

    Non può essere pignorata neanche l’automobile, se essa serve a svolgere la professione o l’attività del debitore, così come non può essere pignorata la polizza vita.

    Per quel che riguarda la pensione, invece, essa può essere pignorata ma a determinate condizioni: massimo un quinto di essa, ma solo la parte eccedente al minimo vitale che ammonta a 672,76 euro, ovvero una volta e mezzo l’assegno minimo Inps. Lo stesso vale per lo stipendio: solo un quinto di esso può essere oggetto di pignoramento.

    Se si possiede un conto corrente cointestato, esso può essere pignorato ma solo nella misura del 50% e solo se su di esso sono depositate somme maggiori a 1345,56 euro, ovvero 3 volte l’assegno sociale Inps. Solo il residuo può essere pignorato se sul conto corrente sono accreditati stipendi e pensioni soltanto.

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    Come fare per verificare quali sono le patrimonialità aggredibili di un debitore?

    Grazie a Clipeo potete tutelarvi nel recupero del vostro credito. Con il servizio JOBANK, infatti,  potrete ottenere un’indagine mirata all’individuazione delle patrimonialità aggredibili del vostro debitore, sia gli emolumenti derivanti dallo stipendio e/o pensione, sia le relazioni bancarie attive.

  • Colf e collaboratori domestici sul web: come difendersi dalle truffe online?

    La maggior facilità di utilizzo e di accesso al web hanno reso sempre più comoda e immediata l’interazione tra domanda e offerta. La conseguenza di questo fenomeno ha portato con sé una serie di problematiche legate alla poca trasparenza della rete e alla più facile diffusione di truffe online o di offerte poco affidabili.

    Se da un lato, infatti, è aumentata la possibilità di interazione e quindi sia di domanda che di offerta, dall’altro non sempre le persone con cui si entra in contatto sono realmente i professionisti che crediamo.

    Truffe online: un recente caso di cronaca

    Un recente caso di cronaca, per esempio, ha descritto come una donna che si offriva come colf o badante, nella provincia padovana,  usando internet come vetrina, derubava i suoi clienti facendo perdere le sue tracce. In particolare, la donna, dopo aver risposto ad annunci online, si faceva ben volere dai futuri clienti durante il periodo di prova.

    Una volta acquisita la loro fiducia, ottenendo il libero accesso alle case, la donna derubava gli ignari clienti, il tutto con l’aiuto del marito. I due sono stati scoperti grazie alle denunce e ai tabulati telefonici.

    Come fare per assumere del personale domestico qualificato e affidabile ed evitare truffe online?

    Non ci sono dei modi per capire realmente l’onestà di chi avete di fronte ma è bene comunque seguire qualche piccolo accorgimento per tutelarvi, almeno in fase di colloquio, da persone poco professionali.

    1. Ponete le giuste domande. Questo è importante per verificarne le competenze, la dedizione, la disponibilità e l’attitudine. Un buon Curriculum in termini di quantità e qualità di esperienze è sempre un buon punto di partenza per farsi un’idea della storia professionale della persona che ci si presenta.

    2. Capire la persona che avete di fronte in base alle domande che vi pone. La prima impressione è importante e come una persona si rapporta con voi può essere un primo campanello di allarme da non sottovalutare. Valutate sempre il suo interesse e il suo modo di interagire con voi.

    3. Assicuratevi che sia in regola con tutti i documenti (carta d’identità, passaporto, permesso di soggiorno se straniera, ecc) e che vi possa fornire delle referenze attendibili. Una persona poco onesta difficilmente verrà assunta due volte.

    4. Contattate personalmente i suoi precedenti datori di lavoro per avere un’opinione reale delle competenze e dell’affidabilità della persona che state valutando.

    Nonostante questo accorgimenti in fase di colloquio, non sempre è possibile capire esattamente chi abbiamo di fronte.

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    Come tutelarsi da persone poco affidabili evitando truffe online o raggiri?

    Per tutelarsi da possibili truffe online, a volte la buona fede, l’impressione che abbiamo di una persona e il Curriculum non bastano. Per questo è importante avere più informazioni possibili. Clipeo, grazie al servizio di Screening vi consente di avere una visione dettagliata della persona che avete di fronte, tutelandovi dall’essere vittima di soggetti poco affidabili che vogliono approfittarsi di voi.

     

  • Come fare per chiedere il risarcimento al lavoratore inadempiente e quali accorgimenti seguire?

    Ecco cosa fare se un vostro dipendente ha un comportamento poco corretto o inadempiente

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  • Separazione: a chi va l’affidamento esclusivo dei figli in caso di disinteresse di uno dei due coniugi?

    Separazione e affidamento esclusivo dei figli

    I figli devono essere affidati ad uno solo dei due coniugi se l’altro, dopo la separazione, non abbia provveduto ad un adeguato sostegno economico e affettivo. Questo è quanto stabilito dal Tribunale di Roma ed è anche quanto emerge da varie pronunce dei giudici nazionali. I genitori che si disinteressano dei figli  sia economicamente che emotivamente, quindi, rischiano di vedersi togliere l’affido condiviso.

    Cos’è l’affidamento esclusivo?

    L’affidamento esclusivo, che si contrappone a quello condiviso nel quale sono entrambi i genitori ad occuparsi dei figli, prevede l’affidamento della prole ad un solo dei due.

    La Cassazione specifica che, questo tipo di affidamento, venga considerato come un’eccezione alla regola dell’affido condiviso e che debba applicarsi solo ed esclusivamente quando esista una situazione grave che renda inapplicabile l’affido condiviso stesso. Per situazioni gravi si intendono tutti quei comportamenti che vanno a nuocere i figli per carenze comportamentali di uno dei due genitori e, quindi, che manifestino l’incapacità del genitore di contribuire alla tranquillità dell’ambiente familiare.

    Il codice civile non da una lista dettagliata delle circostanze che possono portare all’affidamento esclusivo, per questo sarà il giudice che, caso per caso, esprimerà il suo giudizio con “provvedimento motivato”. Ad ogni modo le esigenze del minore sono il  parametro principale di valutazione.

    Cosa giustifica l’affidamento esclusivo?

    Tra le situazioni che maggiormente determinano l’affido esclusivo ad un solo genitore, troviamo l’elevata conflittualità tra gli ex coniugi, la discontinuità nell’esercizio del diritto di visita, l’ obiettiva lontananza tra i genitori, la mancanza di considerazione verso le aspirazioni dei figli, la volontà congiunta dei genitori, la condizione di grave inadempimento psichico o fisico di un genitore e il disinteresse genitoriale.

    Il genitore a cui sono affidati i figli acquisisce l’esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale. Le decisioni di maggior interesse rimangono tuttavia a carico di entrambi i genitori, salvo diversa disposizione del giudice.

    L’affidamento esclusivo, quindi, non esclude che la responsabilità genitoriale sia esercitata da entrambi i coniugi, ma sarà comunque il giudice a determinarne le dinamiche e a decidere, in corso d’opera, se escludere tutto o in parte uno dei due.

    Nel caso di totale disinteresse da parte di uno dei due coniugi, con la conseguente concessione all’altro di tutte le decisioni di maggior interesse della prole, si può parlare di affido super esclusivo.

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    Come tutelare i propri figli di fronte ad un genitore poco presente?

    In queste delicate situazioni la cosa principale è quella di tutelare i figli. Per questo avere più informazioni possibili è fondamentale. Grazie al servizio Screening di Clipeo, vi sarà possibile acquisire tutte le informazioni necessarie per poter tutelare i vostri diritti e quelli dei vostri figli.

  • Casa assegnata all’ex moglie: chi paga il condominio?

    A chi spetta il pagamento degli oneri condominiali.

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  • Fine della convivenza e separazione tra conviventi con figli: spettano mantenimento e casa familiare?

    Convivenza di fatto: come si definisce?

    La legge definisce conviventi di fatto «due persone maggiorenni, unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile».

    Diversamente  da quanto avviene per le unioni civili tra persone dello stesso sesso, nelle convivenze eterosessuali la legge non prevede l’obbligo di registrazione presso gli uffici del Comune. Diritti e doveri previsti nella nuova legge scattano in automatico per il semplice fatto di trovarsi in una condizione di convivenza di fatto stabile (intesa come dimora abituale nello stesso Comune) e si applicano anche a tutte le convivenze di fatto già esistenti (come nel  caso di specie) al momento dell’entrata in vigore della legge.

    Per i conviventi di fatto le dichiarazioni anagrafiche hanno solo un valore di prova in merito all’esistenza e alla durata della convivenza, la cui stabilità andrà accertata in base alle norme del Regolamento Anagrafico della popolazione residente. Norme che prevedono l’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente di ogni Comune anche delle persone conviventi (nella definizione di “famiglia anagrafica” sono ricomprese, infatti, anche le persone legate da vincoli affettivi) e il conseguente rilascio delle relative certificazioni anagrafiche  (come, ad esempio, quelle relative al cambio di residenza o nella composizione della famiglia o della convivenza).

    Fine della convivenza

    A chi spettano gli alimenti alla fine della convivenza?

    In caso di cessazione della convivenza di fatto, il giudice stabilisce il diritto del convivente di ricevere dall’altro gli alimenti. Questi verranno concessi solo:

    • a chi versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento

    • per un periodo proporzionale alla durata della convivenza, cioè limitato nel tempo (quanto tempo può stabilirlo solo il giudice perché la legge non dà indicazioni a riguardo) e nella misura determinata dal codice civile

    • in base all’ordine degli obbligati andrà adempiuta dal convivente con precedenza sui fratelli e sorelle. Dunque, l’eventuale obbligo del convivente viene solo dopo i genitori e i figli.

    Quali diritti sulla casa di abitazione alla fine della convivenza?

    Chi ha diritto a restare nella casa familiare dopo la cessazione della convivenza.

    Nel caso in cui una coppia di conviventi di cui uno solo dei partner sia proprietario dell’immobile adibito a residenza familiare, la legge prevede, nella sola ipotesi del decesso del convivente proprietario  una riserva di abitazione del convivente superstite della durata di:

    • due anni o di un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non superiore ai cinque anni;·

    • non meno di tre anni, se nella stessa coabitino figli minori o figli disabili del convivente.

    Queste scadenze si applicano automaticamente senza che gli eredi debbano ricorrere al giudice per usufruire del bene. Il diritto alla riserva di abitazione viene meno qualora il convivente superstite cessi di abitare stabilmente nella casa di comune residenza o contragga matrimonio, un’unione civile o una nuova convivenza di fatto.

    Diritti nella separazione tra conviventi con figli

    A questa ipotesi poi la legge fa salvo il caso in cui il giudice, in presenza di figli comuni, abbia disposto l’assegnazione della casa familiare al convivente superstite a seguito della separazione dei genitori; in tale ipotesi, infatti, il diritto di godimento sull’immobile cesserà solo una volta che la prole, ancorché maggiorenne, abbia raggiunto l’autosufficienza economica.

    Il codice civile, stabilisce che in caso di separazione tra conviventi con figli, questi ultimi  di conviventi godano degli stessi diritti dei figli nati all’interno dei matrimonio.

    I criteri per l’assegnazione della casa familiare, quindi, privilegiano sempre l’interesse dei figli a permanere nell’habitat domestico nel quale sono cresciuti e che, specie in caso di figli piccoli privilegiano la collocazione dei minori (specie se ancora in tenera età) presso la madre. La presenza di un minore, infatti, attribuisce alla madre il pieno diritto di chiedere, nell’ambito di una domanda di regolamentazione dell’affidamento e del mantenimento del figlio anche l’assegnazione della casa, senza che il giudice possa tenere conto della titolarità di altri immobili. Tale assegnazione può durare fino a quando  il bambino non diventa maggiorenne ed economicamente autosufficiente.

    In mancanza di figli, invece, in caso della cessazione della convivenza, il proprietario dell’immobile deve concedere al partner un congruo termine per andare via di casa e trovare una nuova sistemazione.

    Fine della convivenza: il consiglio pratico

    Il consiglio è quindi quello di cercare un accordo con l’ex compagno (eventualmente avvalendosi di un percorso di mediazione familiare o di pratica collaborativa) in modo che il giudice, come previsto dalla legge possa semplicemente «prendere atto degli accordi intervenuti tra i genitori.

    fine della convivenza

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    Come fare per conoscere la situazione patrimoniale del partner?

    In queste situazioni diventa sempre più importante avere una visione nitida e completa della situazione economico/patrimoniale del partner. Clipeo con il servizio DETECT PERSONA FISICA vi aiuta ad avere queste informazioni fornendovi gli strumenti necessari alla vostra tutela.

  • Lavori in casa: come fare se l’impresa chiede più di quanto stipulato nel contratto?

    Ecco quando è giusto pagare un prezzo superiore a quello concordato.

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