Come non pagare l’assegno di mantenimento: i 3 trucchi (illegali) più utilizzati
Cos’è l’assegno di mantenimento
L’assegno di mantenimento disciplinato dall’art. 156 del codice civile, è una forma di contribuzione economica consistente, in caso di separazione tra coniugi e qualora ricorrano determinati presupposti, nel versamento periodico di una somma di denaro, o di voci di spesa, da parte di uno dei coniugi all’altro o ai figli se presenti, per adempiere all’obbligo di assistenza materiale.
L’art. 156 del Codice Civile prevede che il giudice pronunciando la separazione stabilisca, a vantaggio del coniuge più “debole”, il diritto di ricevere dall’altro quanto è necessario al suo mantenimento qualora egli non abbia adeguati redditi propri. L’orientamento prevalente è di ritenere che l’assegno di mantenimento deve assicurare al coniuge richiedente un tenore di vita analogo a quello goduto durante il rapporto coniugale. La giurisprudenza, per cercare di definire cosa debba intendersi per tenore di vita analogo, ma non identico, lo ha qualificato come quello tale per cui il coniuge separato non debba scivolare in una fascia economico sociale deteriore.
Come si calcola
Per quanto riguarda il calcolo dell’assegno di mantenimento, il giudice dovrà tener conto di diversi elementi, come dei redditi che derivano dall’attività lavorativa dei coniugi, delle proprietà immobiliari, della disponibilità della casa coniugale e di eventuali investimenti o ulteriori fonti di ricchezze. Inoltre, dovrà valutare l’attitudine a lavorare da parte del richiedente e dovrà accertare il tenore di vita goduto dai coniugi nel corso del matrimonio.
Infine, occorre notare che anche per la determinazione dell’assegno in sede di divorzio, il giudice non è vincolato a quanto deciso all’atto della separazione e, se allegate nuove circostanze idonee a provare un mutamento delle condizioni economiche, può rideterminare completamente l’ammontare dell’assegno divorzile rispetto al precedente.
I trucchi più usati per evitare di pagare “gli alimenti”
La fantasia degli avvocati e dei loro clienti non conosce fine nel cercare sotterfugi per farli sembrare più poveri, consentendogli così di pagare un assegno di mantenimento all’ex coniuge ridotto.
Negli anni le casistiche più riscontrate sono state essenzialmente tre:
- Simulazione di licenziamento
Al fine di richiedere una revisione dell’assegno di mantenimento al tribunale, Il soggetto condannato al pagamento, si accorda con il datore di lavoro e finge di aver perso l’impiego. Il licenziamento avviene realmente, ma il soggetto continua a svolgere la propria attività lavorativa “in nero”.
I rischi legati a questa pratica sono legati soprattutto ai profili penali dal punto di vista contributivo, ai quali si aggiungono quelli a cui si espone anche il datore di lavoro. - Simulazione di riduzione dell’orario lavorativo
Sempre in accordo con il datore di lavoro, il soggetto simula una contrazione dell’orario lavorativo da full-time a part-time con conseguente riduzione del compenso. Come prima, la parte eccedente verrà corrisposta dal datore di lavoro “in nero”. Anche in questo caso l’obiettivo è rivolgersi al tribunale per avere una revisione dell’assegno di mantenimento tenendo in considerazione la nuova retribuzione in busta paga. - Simulazione di drastica riduzione del giro d’affari nel caso il soggetto sia un libero professionista
In questi casi il soggetto simula un calo dei guadagni ed evita il più possibile di fare fatture per le prestazioni rese, oppure fa figurare la fatturazione di alcune prestazioni ad un altro soggetto.
In molti casi però la persona interessata non varia il suo tenore di vita, in quanto le possibilità economiche non sono realmente cambiate.
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