Diritto di famiglia, Separazione/Mantenimento

Meglio l’annullamento del matrimonio o il divorzio?

divorzio o annullamento matrimonio
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Quando il matrimonio tra due persone finisce, ci sono due vie per dirsi addio: la prima è quella tradizionale della separazione e del successivo divorzio davanti al Tribunale Civile; la seconda è quella della sentenza emessa dal Tribunale Ecclesiastico con cui viene dichiarata la nullità del matrimonio.

L’annullamento del matrimonio, a differenza del divorzio, cancella il vincolo coniugale come se non fosse mai esistito. L’annullamento viene dichiarato quando il matrimonio non è mai stato valido dalla sua origine; il divorzio, invece, è lo scioglimento di un matrimonio valido.

Anche se l’obiettivo di entrambi i procedimenti è quello di slegare per sempre i coniugi, le differenze in termini pratici sono notevoli. Notevoli perché in un caso (separazione e divorzio) si prende atto della cessazione di un rapporto che, comunque, ha avuto effetti nel passato e in parte continua ad averli anche per il futuro; nell’altro caso invece (nullità del matrimonio) il rapporto tra i coniugi viene cancellato del tutto, con effetto retroattivo, come se i due non si fossero mai sposati. Questo porta a chiedersi spesso se è meglio l’annullamento del matrimonio o il divorzio.

Qual è la scelta migliore

Scegliere di intraprendere una via piuttosto che un’altra dipende da qual è l’obiettivo che si prefigge la parte.

Per i matrimoni celebrati con rito civile o con rito religioso diverso dal cattolico è competente il Tribunale Civile, mentre per i matrimoni celebrati in Chiesa e trascritti nei registri di Stato Civile sono competenti sia il Tribunale Ecclesiastico che quello Civile. Ad esempio, se ci si vuole risposare in Chiesa la via obbligata è quella della nullità. Se invece si preferisce mantenere l’assegno di mantenimento si deve optare per il procedimento davanti al Tribunale ordinario con separazione e successivo divorzio.

Si tenga peraltro conto che il procedimento presso la Corte di Appello che “convalida” la sentenza del Tribunale Ecclesiastico può sopraggiungere anche dopo la sentenza di separazione e dopo il divorzio (in quest’ultimo caso, però, affinché abbia effetti deve intervenire prima che tale sentenza diventi definitiva).

Le cause che consentono il divorzio

Il primo aspetto da affrontare è quello delle condizioni per adire il giudice e chiedere la separazione/divorzio oppure la nullità della sentenza.

Per ottenere la separazione e il divorzio è sufficiente che vi sia la crisi coniugale, ossia il venir meno della comunione spirituale e materiale tra i coniugi. Questo elemento peraltro non deve essere dimostrato: si presume per il solo fatto che viene depositato il ricorso in tribunale. Con la conseguenza che separarsi e divorziare è molto semplice.

La difficoltà interviene solo quando le parti non si mettono d’accordo sul mantenimento o sull’affidamento dei figli, nel qual caso bisogna istruire una causa lunga e a volte costosa.

Le cause che consentono la nullità del matrimonio 

Al contrario, la nullità del matrimonio può essere richiesta per ragioni prefissate dalla legge in assenza delle quali il Tribunale Ecclesiastico rigetta la domanda.

Ai sensi del diritto canonico, le cause che garantiscono la nullità del matrimonio sono:

  • la mancanza di consenso da parte di uno dei coniugi o di entrambi al matrimonio, compresa la riserva mentale e la simulazione che si ha quando i coniugi, prima di sposarsi, si sono messi d’accordo per non adempiere agli obblighi e non esercitare i diritti matrimoniali («Mi sposo, ma tanto so già che divorzieremo»). Ad esempio, possiamo pensare allo straniero che si sposa solo per acquisire la cittadinanza del coniuge o all’Italiano stesso che lo fa per ottenere la reversibilità della pensione o per esaudire il desiderio dei genitori di regolarizzare una situazione attraverso il cosiddetto matrimonio riparatore (la classica ragazza rimasta incinta senza volerlo);
  • il fatto che uno dei coniugi si sposi escludendo, però, una delle finalità essenziali del matrimonio religiosoprocreazione («mi sposo ma non voglio figli»), la fedeltà («mi sposo ma sono libero di andare a letto con chi mi pare»), l’indissolubilità del vincolo matrimoniale («mi sposo ma sono libero di divorziare in qualsiasi momento»);
  • l’errore sulla persona del coniuge: classico esempio è il matrimonio per procura (che si ha quando, in sostanza, Maria sposa Alberto, pensando sia Raffaele) o sulla qualità (sposo Alberto perché credo che sia un medico, in realtà è solo un laureando in medicina);
  • la violenza fisica o il timore («sposo Giovanni altrimenti mi ammazza»);
  • l’impotenza, da non confondere con la semplice sterilità che non è causa di nullità del matrimonio, tranne nel caso in cui la parte sterile abbia tenuto dolosamente nascosta la sua condizione all’altra parte solo per convincerla a sposarsi, cosa che altrimenti non avrebbe fatto;
  • il matrimonio non consumato: significa che marito e moglie non hanno avuto un rapporto sessuale completo;
  • di recente introduzione è il “mammismo”, termine coniato appositamente dalla Sacra Rota per definire il coniuge che non riesce a staccarsi dai genitori.

Alcune di queste cause possono essere facilmente dimostrabili se c’è l’accordo di entrambi i coniugi. Ad esempio se tanto il marito quanto la moglie intendono annullare il matrimonio, sarà più facile dimostrare la riserva mentale dell’uno o il rifiuto di avere figli.

Sposarsi una seconda volta

Sia in caso di divorzio che con la nullità del matrimonio gli ex coniugi possono risposarsi. Ma solo con la sentenza della Sacra Rota lo possono fare di nuovo in chiesa. Altrimenti il rito concordatario è precluso.

L’assegno di mantenimento 

La nullità del matrimonio ha effetto retroattivo: implica cioè la cancellazione di tutti gli effetti del matrimonio. Se quindi è vero che un matrimonio non è mai esistito, non è dovuto neanche il mantenimento. Quindi, è chiaro che chi ha un reddito più elevato riterrà più conveniente chiedere la nullità del matrimonio, mentre chi ha un reddito più basso o è disoccupato perderà in tal caso il contributo mensile.

Di solito, l’ex marito ricorre al Tribunale Ecclesiastico proprio allo scopo di non dover pagare nulla alla moglie. La sentenza di nullità del matrimonio, che per essere valida per lo Stato italiano deve essere deliberata (ossia “approvata”, “certificata”, “convalidata”) dalla Corte di Appello competente, può intervenire anche dopo la sentenza di separazione, così cancellando tutti gli effetti in termini di mantenimento, ivi compreso l’obbligo di pagare l’assegno.

Può anche intervenire dopo la sentenza di divorzio, ma in tal caso, per avere una concreta utilità, dovrà essere delibata prima che questa diventi definitiva, ossia passi in giudicato. Se infatti scadono i termini per impugnare la sentenza di divorzio, la delibazione della sentenza di nullità non cancella più gli effetti della pronuncia del tribunale ordinario che ha condannato l’ex coniuge al pagamento del mantenimento. L’ex coniuge ha diritto all’assegno se il divorzio passa in giudicato prima della delibazione ecclesiastica di nullità del matrimonio.

Reversibilità, eredità e Tfr

Chi aspira a ottenere la pensione di reversibilità dell’ex coniuge deve rimanere solo separato. Se divorzia non può più ottenerla. Non ne ha neanche diritto con la sentenza di nullità.

Stesso discorso per i diritti ereditari che permangono finché la coppia non divorzia (quindi, se uno dei due coniugi muore dopo la separazione, l’altro gli succede). Anche in questo caso, però, la nullità del matrimonio esclude ogni diritto successorio.

Il Tfr dell’ex coniuge spetta solo dopo il divorzio e non dopo la separazione, né in caso di sentenza di nullità.

Tempi e costi del processo

Altro punto a favore della sentenza di nullità è costituito dai tempi e oggi, dopo la riforma di Papa Francesco, anche dai costi. Tutto è molto celere e più economico rispetto al tribunale ordinario.

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Fonte: La legge per tutti/Business Defence

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