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«Yolo economy»: la trasformazione del lavoro digitale e l’aumento delle partite IVA

Yolo economy
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La pandemia ha costretto a ripensare l’equilibro tra aspetti professionali e personali per il 58 % dei lavoratori. Cresce la «Yolo economy» (You Only Live Once) grazie alle opportunità del digitale e delle attività da remoto.

Questa sigla è tornata di attualità, per descrivere una delle tendenze che sembrano segnare l’attuale mercato del lavoro. Yolo sta per You Only Live Once, che in inglese vuol dire appunto «si vive una volta sola». Nell’aprile 2021, sulle pagine del New York Times, il giornalista Kevin Roose parla per la prima volta di Yolo economy, spiegando che «per un numero crescente di persone che dispongono di riserve economiche e di competenze molto richieste, il timore e l’ansia dell’anno scorso stanno lasciando il posto a un nuovo tipo di coraggio professionale».

Il giornalista osserva che, soprattutto in certi settori, un numero crescente di lavoratori si licenzia, cambia occupazione e città, inizia a viaggiare, oppure dà più spazio alla famiglia, agli amici e al tempo libero, dandone meno al lavoro e alla carriera. Sembra chiaro che la pandemia ha costretto i lavoratori «a ripensare l’equilibrio tra lavoro e vita privata». Secondo un sondaggio della società di consulenza Bain & Company, lo pensa il 58% dei lavoratori delle dieci principali economie mondiali. «La pandemia ha messo in discussione tutte le strutture stabili», ragiona Ivana Pais, docente di Sociologia Economica alla Cattolica di Milano.

«Dopo che la pandemia ci ha costretti a confrontarci con la morte, tutto viene visto da un’altra angolatura», dichiara. «Fino ad ora, abbiamo costruito la nostra vita intorno al lavoro. Adesso invece possiamo adattare il lavoro al nostro stile di vita. Oggi le persone ambiscono a libertà e felicità», aggiunge Giovanni Filippi, segretario dell’Associazione Italiana Nomadi Digitali, costituitasi nel luglio dello scorso anno. Le nuove opportunità offerte dal digitale sono un elemento fondamentale della Yolo economy. In particolare, la possibilità di lavorare da remoto, sperimentata a forza durante i primi lockdown e quindi diventata molto più diffusa che in passato, è un aspetto cruciale.

Slegati dal luogo di lavoro
«Il lavoro – commenta Filippi – è una cosa che si fa, non un luogo dove vai. È slegato dal posto geografico». Di conseguenza, diventa possibile spostarsi: viaggiare lavorando o lavorare viaggiando, a seconda dei punti di vista. I dati raccolti da Microsoft in trentuno Paesi del mondo sembrano confermarlo: «Il 46 per cento dei lavoratori da remoto sta pianificando di trasferirsi in una nuova sede nel prossimo anno proprio perché ora può lavorare a distanza». Cercare «avventura» nel nome della Yolo economy, quindi, può voler dire lasciare il lavoro, ma anche trovarne uno nuovo, da dipendente o da libero professionista, più adatto alle proprie esigenze. In tal senso, il digitale apre frontiere nuove, enormi rispetto al passato. Che però riguardano pur sempre una nicchia di lavoratori.

«Il lavoro da remoto riguarda una componente ristretta della forza lavoro italiana. Le stime dicono tra il venti e il trenta per cento», chiarisce Francesco Armillei, assistente di ricerca alla London School of Economics. Anche per questo, a suo parere, nei dati relativi al mercato del lavoro del nostro Paese ancora non si trovano conferme della Yolo economy. La tendenza, al momento, non è visibile o numericamente significativa. «I dati – conferma Pais – sono ancora poco robusti. Ma l’ipotesi Yolo economy consente di fare riflessioni interessanti. La prima è che lo scambio sociale è saltato. Era già successo, ma con la pandemia l’abbiamo capito». Secondo la sociologia, in passato, molti lavoratori sacrificavano la vita privata in cambio di riconoscimenti economici e sociali; questo, oggi, non avviene più.

La necessità di rallentare, per alcuni drammatica e dettata dal fatto di aver perso il lavoro o di essere in cassaintegrazione, ha portato a riflettere sulle priorità della vita. Soprattutto i più giovani hanno deciso di lasciare carriere scelte da altri e stage poco soddisfacenti per aprire proprie attività e “inventare” modi nuovi di lavorare. Moltissimi hanno fatto di necessità virtù e, nel corso del 2020-2021, si sono rimboccati le maniche, cambiando lavoro o creandosene uno da zero se lo avevano perso. Spesso, con un netto miglioramento della qualità della vita e della soddisfazione personale, perché hanno scelto un nuovo progetto, più interessante, più simile alle proprie passioni e più conciliabile con la vita privata.

Una recente inchiesta di Microsoft condotta su 30.000 lavoratori in 31 Paesi ha descritto questo fenomeno come una vera e propria “disruption” verso un nuovo lavoro ibrido. Infatti, il 40% dei lavoratori a livello globale ha deciso di cambiare lavoro nel 2021, il 70% preferisce un lavoro flessibile, ma tra le priorità nella scelta di un lavoro emerge il benessere sopra ogni altra cosa.

Boom di Partite IVA in Italia
I numeri che provengono dalla trasformazione digitale del mondo del lavoro suggeriscono che gli italiani apprezzano di più la professione autonoma, rispetto al lavoro dipendente. Infatti, rispetto agli altri paesi europei, l’Italia può vantare il record di aperture di partite IVA a livello europeo, e solo la Grecia in tutto il Vecchio Continente sembra viaggiare sugli stessi ritmi. Quasi il 18% dei cittadini italiani possiede una partita IVA, ed è un dato nettamente superiore a quello europeo.

Anche a causa della precarietà, si assiste ad un vero e proprio boom di partite IVA. Infatti, intraprendere un lavoro freelance sembra essere una soluzione per molti vantaggiosa. Si tratta di mettersi in gioco, approfittando del fatto che al giorno d’oggi aprire una partita IVA è decisamente più agevole rispetto a quel che accadeva in passato. La procedura è nella maggior parte dei casi gratuita, e può garantire numerosi benefici a coloro che iniziano da zero e magari intendono dedicarsi a un progetto approfittando del regime forfettario. Questo sistema, mette a disposizione un tipo di agevolazione decisamente attraente, dal punto di vista delle tasse, per coloro che hanno intenzione di intraprendere un’attività autonoma. Inoltre nel 2021, per effetto del Decreto Sostegno previsto dal governo Draghi, sono state previste ulteriori agevolazioni di differenti categorie.

Alcuni dati
Nel 2020, per via della situazione di emergenza causata dalla pandemia, si è assistito a una leggera riduzione del numero di partita IVA rispetto al 2019, oltre che dello stato complessivo del mondo del lavoro. Nonostante questo, il nostro Paese resta nelle prime posizioni della graduatoria di possessori di partita IVA. I numeri sono perfino sorprendenti, se si pensa che solo l’anno scorso ne sono state aperte quasi 465mila. In circa 3 casi su 4 ad aprirla sono state persone fisiche, mentre è più ridotto il numero di partite IVA che fanno capo a società di persone o società di capitali. Quasi tutte le nuove aperture riguardano under 35, con una predominanza di uomini rispetto alle donne.

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Fonte: Corriere della Sera

 

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