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Canone di locazione in tempi di coronavirus

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Ripresa la generalità delle attività economiche dopo le diverse settimane di lockdown, è possibile fare il punto della situazione in relazione agli effetti della pandemia sui contratti, in particolare di durata, potendo far riferimento a un quadro normativo pressoché consolidato per quanto concerne le disposizioni sostanziali in materia di diritto dei contratti e l’adozione e diffusione dei primi provvedimenti giudiziari che affrontano, sotto diversi aspetti e con soluzioni differenti, questioni inerenti alle sorti del rapporto obbligatorio in caso di inadempimento alle obbligazioni contrattuali.

Quali sono le conseguenze giuridiche del mancato versamento dei canoni di locazione di immobili nei mesi di lockdown da parte delle imprese che hanno visto forzatamente sospesa la propria attività (e, dunque, azzerato il proprio fatturato) a seguito dei provvedimenti adottati dal Governo per fronteggiare l’emergenza sanitaria?

I Tribunali hanno adottato diversi provvedimenti aventi ad oggetto il diritto del creditore-locatore insoddisfatto di eseguire procedure esecutive o di porre all’incasso titoli rilasciati a garanzia dell’obbligazione pecuniaria assunta dal debitore-conduttore.

Le prime pronunce della giurisprudenza di merito sulle conseguenze del mancato pagamento dei canoni di locazione e di affitto
Analizzando i provvedimenti urgenti emanati in fase ancora emergenziale, si registra in generale un atteggiamento cauto e prudenziale dell’interprete che, quasi in attesa del completarsi di una disciplina normativa d’emergenza in continua e frenetica evoluzione o del consolidarsi di quella esistente, evita di adottare soluzioni potenzialmente dannose, rinviando la decisione ad avvenuta integrazione del contraddittorio e consolidamento del quadro normativo.

Uno dei primissimi provvedimenti giudiziari sugli effetti del Coronavirus nei contratti di locazione, è stata la pronuncia adottata il 14 aprile 2020 dal Tribunale di Venezia in un procedimento cautelare ex articolo 700 c.p.c., attivato dal conduttore di un immobile a uso commerciale che aveva chiesto l’emissione di un provvedimento urgente per impedire al locatore l’escussione della fideiussione rilasciata a garanzia del pagamento dei canoni. Il Giudicante, ritenendo possibile l’introduzione di ulteriori disposizioni normative emergenziali, ordinò alla banca di non pagare quanto richiesto dal beneficiario della fideiussione.

Dello stesso tenore è il decreto emanato dal Tribunale di Bologna il 12 maggio 2020, in cui il Giudice adito, anche in ragione dell’esistenza di trattative pendenti tra le parti, ordinò al locatore di un immobile ad uso commerciale di non mettere all’incasso gli assegni bancari, ricevuti dal conduttore a garanzia dei canoni non versati per i mesi di aprile-luglio 2020, anche al fine di evitare il verificarsi degli effetti pregiudizievoli per il debitore in caso di incasso dei titoli e mancato pagamento per difetto di provvista.

Conclusa la prima fase, tuttavia, l’interprete sembra prendere consapevolezza della mancanza, nel nostro ordinamento, di istituti giuridici idonei a regolamentare, in un’ottica di conservazione del rapporto obbligatorio, le sopravvenienze sperequative del contratto e, pertanto, interpreta le disposizioni codicistiche e le norme emergenziali allo scopo di ricostituire l’equilibrio inevitabilmente compromesso dall’evento pandemico.

I Giudici aditi, quindi, interpretando le disposizioni normative in un’ottica di ricostituzione dell’equilibrio contrattuale e di conservazione del rapporto obbligatorio, ricorrono all’istituto dell’impossibilità temporanea, applicando in combinato disposto l’articolo 1256 Codice Civile e l’articolo 1464 Codice Civile e affermando che “nel caso di specie ricorre una, del tutto peculiare, ipotesi di impossibilità della prestazione della resistente allo stesso tempo parziale e temporanea”.
Trattandosi di impossibilità parziale temporanea, il riflesso sull’obbligo di corrispondere il canone sarà dunque quello di subire, ex articolo 1464 Codice Civile una riduzione destinata, tuttavia, a cessare nel momento in cui la prestazione della resistente potrà tornare ad essere compiutamente eseguita.

Il Giudicante afferma, dunque, che la resistente (ossia la parte locatrice) ha potuto eseguire (pur senza colpa ma per factum principis) per il periodo di lockdown una prestazione solo parzialmente conforme al contratto, pertanto la ricorrente ha diritto ex articolo 1464 Codice Civile ad una riduzione del canone limitatamente al solo periodo di impossibilità parziale, riduzione da operarsi, nella sua determinazione quantitativa, avuto riguardo: a) alla sopravvissuta possibilità di utilizzazione del ramo di azienda nella più limitata funzione di ricovero delle merci, correlata al diritto di uso dei locali; b) al fatto che il ramo di azienda è pur sempre rimasto nella materiale disponibilità della ricorrente.

È evidente dunque come la lenta ripresa dell’attività giudiziaria post lockdown sia segnata da un considerevole aumento del contenzioso per questioni (a torto o a ragione) dipendenti dal rispetto delle misure emergenziali adottate dal Governo per contenere la diffusione del contagio da Covid-19 e tra queste, in particolare, quelle concernenti l’inadempimento di una parte a obbligazioni contrattuali precedentemente assunte.

Per evitare la paralisi di un sistema giudiziario già fortemente congestionato, il Legislatore, in un’ottica di deflazionamento del contenzioso giudiziario secondo una tendenza già avviata da diverso tempo, ha deciso di rendere obbligatorio il preventivo ricorso all’istituto forse maggiormente utilizzato tra quelli di Alternative Dispute Resolution (ADR), ossia la mediazione.

In particolare, il comma 1-quater dell’articolo 3 del Decreto-Legge 30 aprile 2020, n. 28, inserito in sede di conversione dalla Legge 25 giugno 2020, n. 70, ha aggiunto all’articolo 3 del Decreto-Legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla Legge 5 marzo 2020, n. 13, il comma 3-ter secondo cui:
Nelle controversie in materia di obbligazioni contrattuali, nelle quali il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto, o comunque disposte durante l’emergenza epidemiologica da COVID-19 sulla base di disposizioni successive, può essere valutato ai sensi del comma 6-bis, il preventivo esperimento del procedimento di mediazione ai sensi del comma 1-bis dell’articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, costituisce condizione di procedibilità della domanda”.

La disposizione in esame, entrata in vigore il giorno successivo a quello di pubblicazione della Legge n. 70/2020 in Gazzetta Ufficiale e, dunque, il 30 giugno 2020, introduce pertanto una nuova ipotesi di mediazione obbligatoria per tutte le controversie aventi ad oggetto obbligazioni nascenti da un contratto in cui l’inadempimento di una delle parti sia dovuto, anche solo ipoteticamente, al rispetto delle misure di contenimento disposte durante l’emergenza epidemiologica, da valutarsi, al contempo, per l’esonero della responsabilità per il ritardato, l’inesatto o il mancato adempimento dell’obbligazione assunta ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 Codice Civile (articolo 3, comma 3-bis, Decreto Legge 23 febbraio 2020, n. 6).

Dal punto di vista operativo, appare evidente come l’appartenenza della vertenza all’ambito di applicazione della disposizione normativa in esame – e, dunque, l’obbligatorietà del preventivo esperimento del procedimento di mediazione – possa emergere in momenti diversi rispetto all’instaurazione del giudizio, a seconda dell’identità e del ruolo della parte ricorrente.

In particolare, con riferimento alle controversie in materia di locazione, se a ricorrere in giudizio è il conduttore, questo, prima di proporre domanda di risoluzione del contratto (l’unica in concreto esercitabile, come visto), dovrà preliminarmente proporre istanza di mediazione, se ritiene che il proprio inadempimento sia stato determinato dall’emergenza Covid.

Al contrario, se è il locatore ad agire per l’adempimento o la risoluzione, questi dovrà instaurare il giudizio, dovendosi poi attivare il procedimento di mediazione su eccezione del debitore o in seguito al rilievo d’ufficio del giudice, se del caso, sulla base delle difese che saranno formulate dal conduttore in sede di costituzione (e quindi una volta che il processo sia stato ritualmente incardinato).

Alla luce di quanto sopra esposto, è possibile individuare una comune tendenza dell’interprete a prediligere la conservazione del rapporto obbligatorio e a valutare in modo meno rigido e severo le conseguenze dell’inadempimento del debitore.

Di qui, la propensione ad incentivare la ricerca e il raggiungimento di un accordo tra le parti, al fine di assicurare la sopravvivenza del rapporto obbligatorio attraverso la rinegoziazione del contratto, il rispristino dell’equilibrio contrattuale e la compartecipazione del locatore alla temporanea difficoltà economica del proprio conduttore o disciplinarne in modo meno gravoso per il debitore inadempiente le conseguenze dello scioglimento dello stesso.

Con l’introduzione della nuova ipotesi di mediazione obbligatoria per tutte le controversie aventi ad oggetto l’inadempimento di una delle parti connesso all’evento pandemico, il Legislatore ha voluto incentivare la ricerca di tale accordo prima o immediatamente dopo l’instaurazione del giudizio.

Al di là del particolare periodo storico che stiamo vivendo legato all’emergenza da Covid-19 e alle varie problematiche di natura sanitaria ed economica ad essa collegate, è fondamentale e opportuno verificare l’operatività e l’affidabilità dell’azienda alla quale il locatore decide di concedere in affitto i propri immobili.

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