Assegno di mantenimento, indagini tributarie obbligatorie se il nero dell’ex viene circostanziato
Ai fini dell’accertamento del tenore di vita familiare, funzionale alla quantificazione dell’assegno di mantenimento in favore di moglie e figli in sede di separazione giudiziale, rilevano anche i redditi sottratti al fisco.
E in presenza di fatti precisi e circostanziati, il giudice ha il dovere di disporre le indagini della polizia tributaria. Non può dunque rigettare le domande volte al riconoscimento o alla determinazione dell’assegno, fondate proprio sulle circostanze specifiche che avrebbero dovuto essere verificate attraverso le indagini.
Lo ha chiarito la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 22616 del 19 luglio 2022 accogliendo il ricorso della moglie di un professionista.
Per la Corte di appello che le aveva dato torto infatti le eventuali disponibilità di denaro derivanti da attività sottratte al fisco, non potevano essere considerate ai fini della ricostruzione del tenore di vita familiare. Una lettura bocciata dalla Prima sezione civile che invece ha dato ragione alla ricorrente secondo cui si era determinato uno “sbarramento istruttorio”, che ha prodotto il risultato di un “appiattimento” sulle risultanze fiscali, impedendo l’ingresso nel processo di elementi rilevanti ai fini della ricostruzione dell’effettivo tenore di vita familiare. Non è dunque conforme a diritto, prosegue la decisione, il rigetto della richiesta di indagini di polizia tributaria.
Valutazione del tenore di vita anche sulla base delle entrate in nero
Del resto, prosegue la Cassazione, alle parti è richiesto un comportamento di “lealtà processuale particolarmente pregnante, che si manifesta con l’offerta degli elementi probatori utili a ricostruire le effettive condizioni economiche” e “giunge fino a richiedere a ciascuna di esse di fornire al giudice elementi di prova contrari al proprio personale interesse“.
Una prospettiva, continua la Corte ripresa anche dalle legge delega per la riforma del processo civile (L. n. 106 del 2021) che nel delineare i principi e i criteri direttivi del rito unificato – denominato “procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie” (compresi, dunque, i giudizi di separazione personale dei coniugi, ma anche quelli di divorzio e i cosiddetti giudizi separativi) – espressamente stabilisce che, ove siano formulate domande di natura economica, il legislatore delegato dovrà prevedere che le parti debbano depositare le denunce dei redditi e la documentazione attestante le disponibilità mobiliari, immobiliari e finanziarie degli ultimi tre anni, prevedendo anche di sanzioni per il mancato o incompleto deposito.
Doverose le indagini della polizia tributaria in presenza di fatti precisi e circostanziati
Dunque, se l’articolo 5, comma 9, della legge n. 898 del 1970 non può essere letto nel senso che il “potere” del giudice di disporre indagini di polizia tributaria debba essere considerato come un “dovere” imposto dalla “mera contestazione” , tuttavia “se la parte ha offerto elementi concreti e specifici a sostegno della richiesta di indagini della polizia tributaria, il giudice di merito non può rigettare la richiesta e, nel contempo, rigettare anche le domande su di essa fondate“.
Una soluzione diversa porterebbe proprio a quello “sbarramento istruttorio” lamentato dalla ricorrente, per effetto del quale, ritenute superflue le indagini della polizia tributaria, anche le domande fondate sull’esito di tali indagini vengono rigettate a causa della mancanza di prova degli assunti fondanti che, invece, avrebbero potuto essere confermati.
La decisione della Corte
In definitiva la Suprema corte ha cassato la sentenza impugnata affermando i seguenti principi di diritto: “In tema di separazione giudiziale dei coniugi, ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento in favore del coniuge economicamente più debole e dei figli minorenni o maggiorenni ma non economicamente autosufficienti, occorre accertare il tenore di vita della famiglia durante la convivenza dei coniugi a prescindere dalla provenienza delle consistenze reddituali o patrimoniali godute, assumendo pertanto rilievo anche i redditi occultati al fisco, all’accertamento dei quali l’ordinamento prevede strumenti processuali ufficiosi, quali le indagini della polizia tributaria.”
“Nei giudizi di separazione giudiziale dei coniugi, il potere di disporre indagini della polizia tributaria, derivante dall’applicazione analogica dell’art. 5, comma 9, l. n. 898 del 1970, costituisce una deroga alle regole generali sul riparto dell’onere della prova, il cui esercizio è espressione della discrezionalità del giudice di merito che, però, incontra un limite in presenza di fatti precisi e circostanziati in ordine all’incompletezza o all’inattendibilità delle risultanze fiscali acquisite al processo. In tali casi, il giudice ha il dovere di disporre le indagini della polizia tributaria, non potendo rigettare le domande volte al riconoscimento o alla determinazione dell’assegno, fondate proprio sulle circostanze specifiche che avrebbero dovuto essere verificate per il tramite delle menzionate indagini“.
Fonte: Il Sole 24 Ore
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