Affido: più spazio al padre per garantire la bigenitorialità
Per la Corte di cassazione non sono sufficienti incontri ogni 15 giorni
Affido: cosa ha stabilito la Cassazione
Non basta un incontro ogni 15 giorni. Dopo la crisi della coppia, i figli hanno il diritto a frequentare il genitore con cui non vivono anche nel corso della settimana. Lo ha stabilito la Corte di cassazione che, con l’ordinanza 9764 dello scorso 8 aprile, ha riaffermato il diritto del figlio minore a godere della bigenitorialità.
Per arrivare a queste conclusioni, la Cassazione ha richiamato le pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu), che hanno affermato la centralità delle relazioni familiari (articolo 8 della Carta dei diritti dell’uomo) per giungere al superamento del criterio della maternal preference.
La Cassazione fissa la sua attenzione sulla necessità di un più rigoroso controllo, si legge nell’ordinanza, sulle «restrizioni supplementari, tali intendendo quelle apportate dalle autorità al diritto di visita dei genitori, e sulle garanzie giuridiche destinate ad assicurare la protezione effettiva del diritto dei genitori e dei figli al rispetto della loro vita familiare».
Giurisprudenza Europea e “l’interesse del minore”
Infatti, richiamando la pronuncia della Corte di Strasburgo nel caso Solarino contro Italia, la Cassazione rileva che le restrizioni supplementari comportano il rischio di troncare le relazioni familiari tra un figlio e uno dei due genitori, pregiudicando il «preminente interesse del minore». Per questo, la Suprema corte cassa e rinvia la sentenza della Corte d’appello, che si è limitata a confermare la pronuncia di primo grado, per cui la figlia minore è stata affidata alla madre e al padre è stato riconosciuto il diritto di vederla e tenerla con sé a fine settimana alterni. Per la Cassazione, nella sentenza d’appello manca «una specifica motivazione in ordine alle eventuali ragioni che hanno indotto la Corte di merito a escludere una frequentazione infrasettimanale con il padre, nell’inosservanza del principio della bigenitorialità segnato, nei suoi pieni contenuti, dalla interlocuzione tra giudici nazionali e della Corte di Strasburgo».
Non solo. La Corte d’appello, scrive la Cassazione, ha anche mancato di «prendere in esame quale fatto decisivo per la controversia la condotta ostracistica della madre» alla frequentazione con l’altro genitore, che costituisce «condotta gravemente lesiva del diritto del minore alla bigenitorialità». Peraltro, i giudici di appello non hanno evidenziato ragioni di indegnità o di incapacità del padre a prendersi cura della figlia e hanno, invece, mancato di valutare il comportamento della madre, visto che «tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore».
La Cassazione applica così i criteri affermati dalle sezioni Famiglia dei Tribunali di Roma e di Milano che per prime sancirono – come centrali tra gli obblighi genitoriali – quello di «mantenere nel figlio viva la figura dell’altro genitore» non convivente.
Affido: come garantire la bigenitorialità
È sulla base di questo principio che il Tribunale di Roma, con la sentenza del 27 giugno 2014 (relatore Galterio), ha sanzionato una madre colpevole di aver compresso ingiustificatamente la serena frequentazione tra il figlio e il padre. L’ordinanza della Cassazione si mette anche in scia con la sentenza del Tribunale di Milano del 14 gennaio 2015 (relatore Buffone), che ha affermato che «genitori si diventa esercitando gli oneri connessi alla responsabilità genitoriale» e ha riconosciuto la competenza paterna a occuparsi, con pari tempi, della cura di una figlia in tenera età. Si tratta di decisioni prese in base all’articolo 337-ter del Codice civile, che tutela l’interesse del minore a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori, riconosciuti come complementari e ugualmente fondamentali per assicurare una corretta crescita. È un punto su cui interviene il controverso disegno di legge “Pillon” (atto Senato 735), all’esame della commissione Giustizia del Senato, che punta a modificare l’articolo 337-ter prevedendo che il minore abbia il diritto di trascorrere con i genitori «tempi paritetici o equipollenti».
Ma già le norme attuali – così completate dai criteri individuati dalla giurisprudenza – si rivelano idonee a garantire ai figli tempi ampi di frequentazione con entrambi i genitori.